Buona Pasqua, e che forza sia….

Buona Pasqua, e che forza sia….

Buona Pasqua

“Chi è l’avversario più temibile?

Per un runner che lotta contro il tempo, per un ciclista impegnato in una lunga salita di una gara a tappe, per un sollevatore di pesi o per un nuotatore che devono polverizzare il record, l’avversario più ostico da battere è rappresentato dalle voci delle sirene di Ulisse che negli attimi di estrema fatica, dolore o sconforto lo invitano a mollare.

Per noi comuni mortali, che tutti i giorni facciamo i conti con il lavoro, la famiglia, lo stress, i mille impegni, le malattie, le incombenze, il fisco, le bollette, le magagne, il tempo che non abbiamo mai, il desiderio di avere più energia mentale e fisica, un corpo più in forma ed una salute da conservare negli anni, per noi che ricerchiamo un’esteticità più consona alle nostre aspettative, l’avversario più temibile forse siamo proprio noi stessi.

Spesso ciò che desidereremmo essere è a pochi passi da ciò che realmente siamo, ma quella seppur breve distanza si amplifica e si complica a dismisura quando il percorso che la rappresenta si riempie di difficoltà, che come cantieri a cielo aperto ostacolano la circolazione e rallentano o impediscono il nostro passaggio. Cantieri esogeni, ma anche endogeni, che noi stessi creiamo grazie alle nostre entusiasmanti e magnifiche capacità di edificare sovrastrutture mentali e di pensiero.

Il richiamo delle sirene di Ulisse è così invitante che potrebbe in qualche modo contagiare anche noi. Il dolce lamento potrebbe coinvolgerci durante le fasi più difficili di un nostro ipotetico percorso o magari quando siamo prossimi alla meta, spesso invece ci facciamo da esso condizionare ancor prima di iniziare a muovere il primo passo nel nostro sentiero. Lo stesso sentiero che porta ad un corpo in salute, ad una energica e sana forma fisica e ad una proattività psico-fisica è rappresentato, talvolta, da un pittoresco e piacevole percorso che ci regalerà magnifiche sensazioni, altre volte da un’erta e sconnessa traccia che s’inerpica in mezzo alla natura selvaggia ed ostile, la cui entità è tutt’altro che rassicurante ed invitante.

Il sentiero del nostro successo è fatto di buona volontà e caparbietà, ma soprattutto di sogni. Nel percorrerlo ognuno dovrà fare i conti con se stesso, ma ad un certo punto capirà che prima o poi dovrà vedersela con l’avversario più temibile che potrà mai incontrare per strada, ovvero di nuovo quel se stesso vestito però delle proprie fragilità, delle proprie paure, delle proprie inesperienze, dei propri mancati sogni.”

 

Tratto da “Siamo ciò che vogliamo essere” – Autore Stefano Ceccon

 

 Stiamo attraversando un periodo sicuramente difficile, che ci sta mettendo alla priva fisicamente ma soprattutto mentalmente. L’isolamento non è totale, come potrebbe avvenire e come è già avvenuto durante un conflitto bellico, dato che grazie alla tecnologia ed agli attuali mezzi di comunicazione, in qualche modo, ci si può contattare. Ma pensiamo ai nostri nonni, vissuti in periodi di isolamento indotto dal coprifuoco notturno durante la guerra, senza televisione, radio, telefono, senza sapere cosa succedeva al di là del proprio cortile, del proprio comune, piazza, vicolo, quartiere, senza sapere se c’era ancora speranza o meno, senza sapere per cosa o chi valeva ancora la pena di lottare, se non per……

 

Chissà, a quale volume risonava in loro il richiamo delle sirene di Ulisse, ma se ce l’hanno fatta, e sono qui a raccontarci cos’è successo, allora forse sono stati capaci di non ascoltarle, così da dirottare le loro attenzioni ed energie verso quel “chi” sopracitato, per il quale valeva ancora la pena di credere e lottare. Quel chi, erano LORO stessi, i loro cari, la loro famiglia, i loro figli. Quel “CHI”, ora siamo NOI, con i nostri attuali problemi, disperazioni, paure, preoccupazioni, stati d’animo, salute, fisicità, che ci troviamo costretti ad adattarci ad indossare questa quarantena, come un abito troppo stretto che non vogliamo indossare, ma che in questo momento ci viene chiesto di farlo per il bene reciproco di tutti noi. NOI stessi, il nostro ESSERE interiore, la nostra forza arriva da quanto crediamo nelle nostre possibilità, da quanto crediamo nelle nostre forze, da quanto osiamo sfidarci e capire fin dove possiamo portare il nostro corpo, e qui mi aggancio a quanto vi stimolo, durante i vostri allenamenti, a cercare di farcela anche se vi sembra impossibile, a provare anche quando avete paura, a sfidarvi anche quando sapete che fallirete nel provarci. Potrei serenamente proporre ginnastica “facile” quella che va alla moda, che non necessità di grandi sforzi mentali o di un po’ di coraggio. Ma ho deciso di imbarcarmi sulla zattera che va controcorrente, non sul battello panoramico; nel primo le emozioni si susseguono una dopo l’altra, spesso alternate da paura, sconforto, panico, euforia, nel secondo finito il giro panoramico finisce tutto. Ognuno, nella vita, sceglie sempre il battello che più gli si addice, anzi sceglie sempre “ciò che vuole ESSERE”.

L’allenamento sportivo, oltre che benessere fisico e mentale è anche un allenamento “alla vita”, un campo scuola dal quale esportare metafore ed esperienze utili alla propria quotidianità. L’allenamento permette di conoscersi e capire veramente cosa c’è dentro di noi. E spesso dentro di noi c’è la voglia di lottare, di provare a conquistare una fetta sempre più grande della conoscenza della nostra FORZA fisica ed interiore, talvolta, invece, vedo solo voglia di NON essere, o di essere quello che è comodo essere, o semplicemente di SENTIRSI ESSERE aggrappandosi alle identità altrui, o, in molti tristi casi, vedo solo voglia di lamentarsi che……….., non si ha voglia di prendere in mano la propria situazione, quella della propria vita.

Ma non è anche questo allenamento? Forse non ce ne accorgiamo, ma ci stiamo allenando, mentalmente lo stiamo facendo, e da tutto questo, ne usciremo con delle capacità che prima forse non sapevamo di avere.

Da appassionato di storia, in particolar modo del ‘900, vi posso dire che durante la seconda guerra mondiale, nei campi di concentramento, i nazisti temevano terribilmente chi non si piegava mentalmente alla loro tirannia, chi non si lasciva andare e sopraffare dallo sconforto. Chi resisteva, veniva purtroppo ucciso perché lo temevano e ne avevano paura, i nazisti, nella loro follia, temevano chi riusciva a conservare il proprio orgoglio anche nelle situazioni più terribili.

Da qui qualcuno ne uscirà indenne, qualcuno malconcio, qualcuno perderà qualcosa, qualcun altro perderà molte cose. Una sola cosa non potremo mai perdere o permettere che venga persa: LA FORZA DI ESSERE NOI STESSI e di coltivare lo spirito interiore che ci guida verso la nostra voglia di fare sempre il meglio per sé e per i propri cari.

Vi lascio ricordandovi che colui che passa non è il più forte, ma colui che meglio si adatta; chi ce la fa non è chi ostenta la propria forza, ma chi nella FORZA, RESISTE!

Buona Pasqua!

 

Trainer Stefano Ceccon.

“…avevo la febbre a quaranta e non capivo se era giorno o se era notte: ma una cosa capivo, che mi occorrevano scarpe ed altro. Allora mi sono alzato e sono andato fino al magazzino per studiare la situazione. E c’era un russo con il mitra davanti alla porta, ma io volevo le scarpe, quindi ho girato dietro, ho sfondato una finestrella e sono entrato, così ho avuto le scarpe.

 

Tratto da “La Tregua”, racconto di un viaggio verso casa cominciato ad Auschwitz.

 

 

perché mi hai tenuto nascosto il segreto della felicità”, chiese il discepolo al maestro.

hai sentito cantare quell’uccello?”, ribadì il maestro.

“si”, rispose il discepolo

“allora”, disse il maestro,

sai che non ti ho nascosto niente

 

Tratto da “Messaggio per un pesciolino che ha sempre sete”, Anthony Dal Mello