La fatica nell’allenamento sportivo

La fatica nell’allenamento sportivo

Prova ad immaginare, sei un ciclista esperto e stai pedalando da un bel po’ assieme agli amici. Tutto procede per il meglio quando improvvisamente avverti sensazioni strane: sudorazione eccessiva, alterazione cardiaca, confusione e negatività, incapacità di mantenere la concentrazione, spossatezza e tremolio. Continuare ad allenarsi è quasi impossibile in queste condizioni…ma sei riuscito a capire che cosa è successo al tuo corpo? La risposta è semplice, sei troppo affaticato.

LA FATICA

La fatica, nello sport e nella vita di tutti i giorni, indica quella situazione psico-fisica che conduce all’impossibilità di proseguire l’attività in essere alla stessa intensità. Mentre lo stato di flow (vedi l’articolo della settimana scorsa) è caratterizzato dall’assenza di questa sensazione, in zona rossa iniziano ad accendersi dapprima le spie verdi, poi quelle arancioni ed infine quelle rosse, oltre le quali appare una scritta: STOP!

Flow e fatica sono presenti durante l’allenamento sportivo ma anche nella nostra quotidianità. Più un soggetto è in forma fisica e in equilibrio con la propria circadianità, più farà esperienza di quello stato di flow nel quale le faccende quotidiane, l’allenamento e  lo stress non portano il corpo nell’ emergenza della zona rossa. Una zona in cui finirà, invece, chi non è allenato costringendo l’organismo al riposo forzato o alla lobotomia organica.

QUALI SONO LE CAUSE CHE PORTANO ALL’AFFATICAMENTO?

Le cause che inducono ad uscire dalla zona flow, e arrivare alla fatica possono essere molteplici, vediamone qualcuna:

  • L’allenamento. Sull’ allenamento si possono dire molte cose ma la verità è molto semplice, o ti alleni o non ti alleni. Se anche fare il bucato ti distrugge, o prendi un colf o segui una routine di weight lifting. Se vuoi andare in montagna a correre, passeggiare, arrampicare e pedalare e goderti queste attività in una situazione mentale e fisica d’estasi, non puoi prescindere dal training muscolare e cardiovascolare.
  • La nutrizione. Nutrirsi in maniera funzionale all’ attività che si desidera fare è importante nella vita e nello sport. Spesso la fatica arriva per deplezione di glicogeno o di fosfati, ossia il carburante che l’organismo ci richiede per garantire energia al motore e benzina al cervello. La perdita di lucidità mentale e di concentrazione può portare ad una situazione psicologica negativa o di sconforto responsabile, nella maggior parte dei casi, della rimodulazione o interruzione dell’azione. La crisi dell’atleta può essere quindi fisica ma anche mentale.
  • L’idratazione. Una perdita abbondante di liquidi dovuta alla sudorazione o a un apporto insufficiente, porta ad una notevole diminuzione di forza contrattile muscolare, durante l’azione sportiva e nella vita di tutti i giorni.
  • La condizione mentale.
    • Entusiasmo. Se si parte “carichi” e ben disposti, spesso si riesce a superare anche condizioni di affaticamento muscolare pregresse (magari il mal di gambe dei giorni precedenti, che mi raccomando, non è acido lattico, ma si chiama DOMS) e viceversa, se si parte di malumore, il corpo reagirà conseguentemente in maniera negativa.
    • Pensieri negativi, preoccupazioni. Il modo peggiore di affrontare l’allenamento è con la testa carica di pensieri negativi o preoccupazioni. Gli stessi, tuttavia, se NON modulati ci accompagnerebbero nel nostro allenamento, inducendo ad un consumo d’ossigeno modificato, a secrezioni adrenaliniche e corticosurrenaliche anomale, che influenzerebbero negativamente la nostra prestazione. Anche questo  influenza il nostro rendimento energetico nella quotidianità.
    • Monotonia del percorso o dell’azione. Succede frequentemente che nelle performance d’endurance la monotonia del paesaggio, della situazione, la mancanza di stimoli esterni, temperature e/o meteo non confortevoli, possano causare una crisi mentale.
    • Sconforto, incapacità di credere in sé stessi. Ciò che spesso induce a mollare è l’incapacità di credere nelle proprie possibilità (vedi anche il punto sull’ esperienza), il vedere un sassolino grande come una montagna talvolta induce a pensare di non essere in grado di passarvi oltre.
    • Mancanza di obiettivi. Chi me lo fa fare, dice la voce interna di chi si cimenta in qualcosa senza un obiettivo ben preciso ed è proprio questo pensiero a portarci a mollare.
    • La respirazione. Lo stato di flow ci induce a respirare correttamente e viceversa.
    • L’esperienza. L’atleta evoluto che corre in uno stato di flow, oltre all’esperienza sul come alimentarsi, gestirsi, vestirsi, ha anche la capacità di gestire eventuali crisi energetiche o mentali, ma soprattutto è in grado di dosare lo sforzo, ascoltare sé stesso e capire se realmente ce la può fare o meno a sostenere un certo ritmo (i recettori della fatica di un sedentario ad esempio lo inducono a mollare perché pensa di essere “oltre al limite”, quando spesso ne avrebbe ancora per un 50%). Inoltre è in grado di capire quanto può durare in quella condizione, quando deve bere o mangiare in funzione dello sforzo da affrontare, del percorso da affrontare e di eventuali imprevisti, di quali sono i suoi “reali” limiti. Il limite della fatica indotto a livello cerebrale, ad esempio, spesso non è la realtà. Vuoi un esempio? Frequentemente si parla di forza muscolare in una donna, la quale si convince di non avere forza o che allenare la forza con i pesi non è né di suo gradimento né adatto a lei. Provate a pensare quanta forza avrebbe la stessa se dovesse tirare su a forza di braccia suo figlio che sta precipitando da un dirupo….qual è quindi la realtà?

Per approfondire l’argomento passa a trovarmi in studio oppure contattami telefonicamente al numero 366/1537751.