Tutto cambia, nulla cambia, siamo sicuri che cambi?

Tutto cambia, nulla cambia, siamo sicuri che cambi?

Tutto cambia, nulla cambia, siamo sicuri che cambi?

 

Per chi ha avuto modo di seguirmi nelle dirette live di domenica 15 marzo, o, per chi ha già letto o sta leggendo il mio libro “Siamo ciò che vogliamo essere”, avrà notato che spesso tocco l’argomento della zona comfort, del disagio, dell’evoluzione, del cambiamento, del concetto di sfida e di quello di staticità. Perché, mi chiederete? Ribalto la domanda, e son quindi io a chiedere: perché il nostro corpo cambia o non cambia, perché si ottengono risultati o perché non li si ottengono, perché è così difficile modificare le nostre abitudini? Fondamentalmente non c’è una risposta assoluta al tutto, i fattori in gioco sono sicuramente molteplici, su alcuni di questi possiamo e dovremmo cercare di intervenire, su altri ovviamente un po’ meno

Comfortable

 Parto da quello che è il concetto della zona comfort. Cos’è la zona comfort? Se andate a leggervi il capitolo n° 5, pg 31 del mio libro, vedrete raffigurata una grande piramide, quella di Maslow, raffigurante la scala dei bisogni. Nelle prime due sezioni in basso, troviamo, tra i vari, alcuni bisogni primari: omeostasi e sicurezza. L’omeostasi rappresenta uno stato di equilibrio sotto tutti i profili organici, fisiologici, mentali, di salute etc….Ogni qualvolta, se per qualsiasi motivo, il nostro corpo si discosta dallo stato di omeostasi, immediatamente farà di tutto per rientrarvi, o per portarsi ad un livello omeostatico superiore, così da non subire stress, nel qual caso si ripresenti l’agente/causa che l’ha provocato. Pensate all’azione del sistema immunitario in caso di virus, pensate a quando ci hanno insegnato le prime lettere dell’alfabeto e non sapevamo nulla di tutto ciò, pensate a quando dal gattonare abbiamo fatto i primi tentativi di stare in stazione eretta, pensate a quando ci alleniamo e sentiamo il fiatone o sentiamo uno sforzo muscolare, pensate a quando ci vengono affidate nuove mansioni lavorative, a quando proviamo ad imparare a sciare, pensate all’apprendimento di una nuova lingua, e molto altro. Ogni scostamento dall’equilibrio nel quale giacciamo mentalmente, fisicamente, organicamente, diviene una minaccia per la nostra omeostasi. La zona comfort è uno stato di rifugio, nel quale non dobbiamo interagire con dei disagi fisici o mentali, nel quale non ci dobbiamo mettere alla prova, nel quale non rischiamo dei fallimenti, degli sbagli, delle sgradevolezze, delle insicurezze. In pratica adoriamo stare lì, racchiusi nell’ovatta di un bozzolo che ci avvolge come la copertina di Linus, che come una madre ci dice che va tutto bene e che non ci dobbiamo preoccupare di nulla.

Cosa sta succedendo in questi giorni? Di punto in bianco, ci hanno indotto, per motivi di sicurezza e salute a restare chiusi in casa. Molti ci riescono agevolmente, altri impazziscono perché non sanno che fare. Non sappiamo che fare? Pensiamo ai nostri nonni, che magari stavano chiusi in casa durante la guerra, senza Tv, senza mezzi di comunicazione. Che potevano fare? Non siamo più abituati a stare con noi stessi, a leggere, a meditare, a respirare, a pensare a noi stessi. Siamo educati, anzi programmati come robot a rincorrere nei binari della frenesia del Matrix nel quale viviamo. Riflettiamo su questo, in funzione del nostro benessere, diverrà un ulteriore allenamento per stare al di fuori dalla zona comfort…..

 

Disagio

Possiamo vivere nella zona comfort? La risposta è un’altra domanda: se per non far provare dei disagi a vostro figlio:

  • Evitate di stimolarlo a camminare da bipede, lasciandolo nel girello o a gattonare
  • Evitate di toglierli le rotelle dalla bicicletta per evitare di insegnarli a stare in equilibrio
  • Evitate di mandarlo a scuola per non farlo sentire a disagio
  • Evitate di fargli apprendere le quotidiane nozioni di igiene dentale, perché non ne ha voglia
  • Evitate di ……

Che ne sarà di lui? Crescerà sano?

Lo so che sono esempi paradossali, ma il concetto è che il disagio fa parte della nostra evoluzione, ed è il mezzo che ci condurrà ad apprendere qualcosa di nuovo o a migliorare noi stessi. Esentarsi dal disagio significa seppellirci nel bozzolo dell’infermità evolutiva. Ovvio che il disagio, o meglio lo stimolo, deve essere appropriato alla situazione e progressivo nel tempo. Se alla prima elementare pretendessimo di insegnare delle equazioni o se a chi non ha mai fatto ginnastica pretendessimo di insegnare da subito a fare la verticale, forse ne ricaveremmo solamente delle situazioni di pura nevrosi che non porterebbero a nessun miglioramento.

 

Benessere, abitudini, lifestyle, ginnastica.

Una volta chiariti i concetti di comfort zone e di disagio, qualcuno dovrebbe aiutarmi a capire, perché pretendiamo che i nostri figli studino, si applichino, si evolvano, se poi, spesso siamo noi i primi a pretendere di stazionare nella staticità dello status acquisito con le nostre abitudini quotidiane, sulle quali non entro merito; mi permetto invece di entrare nell’ambito del comportamento che spesso adottiamo nel mondo dello sport o della ginnastica. In 25 anni di questo mio lavoro, ho visto tantissime persone approcciare al mondo dello sport, vedo tante realtà proporre sport ed attività motoria, con molte filosofie diverse tra loro. Fondamentalmente, volendo rispondere alla prima domanda, potrei dire che il nostro corpo non cambia (se la richiesta è un cambiamento) per il semplice che siamo noi che vogliamo che non cambi. Affinché cambi, diviene doveroso spostare il proprio ambito lavorativo ginnico, al di fuori di quel bozzolo confortevole, magari non sempre, ma spesso. Vi faccio due paradossali esempi:

  • Se la richiesta è avere più fiato, ma per averlo non voglio provare il disagio di effettuare esercizi che gradatamente mi facciano provare la sensazione di fiatone, forse dovremmo accontentarci di restare nella situazione nella quale siamo, ovvero senza fiato., o forse non abbiamo bisogno di più fiato, ed il fiato è solo un desiderio astratto o una condizionale, lo vorrei a patto che ….
  • Se sono carente di tono muscolare ed ho paura di sollevare dei pesi, e, come dice il mio mentore, faccio gli esercizi con l’intensità che adotto quando sono seduto/a dalla parrucchiera, allora, forse è come se pretendessimo di imparare a nuotare fuori dalla vasca della piscina perché abbiamo paura dell’acqua.

Esempi forse un po’ spigolosi, ma che spero rendano l’idea. Ma dov’è il guaio? Il guaio è che tante volte ce la raccontano, o meglio ce la raccontiamo, o meglio ancora ci piace che la raccontino, come quando a scuola ci sentivamo con la coscienza pulita, quando, consci di non aver studiato, la buona sorte ci ha evitato l’interrogazione a sorteggio. Aver studiato o meno serviva a noi stessi o a pararci il sedere in caso di interrogazione? La stessa domanda potrebbe essere riformulata in chiave sportiva:

  • Quando ti vengono proposti degli esercizi e scegli di farli con un carico/intensità ben al di sotto delle tue possibilità, stai facendo del bene a te stesso? O…..?
  • Se non riesci a correre perché non hai fiato, e per aiutarti ti viene proposto di provare ad alternare la corsa con la camminata, e ti ostini invece a camminare a ritmo uniforme, quando torni a casa e ti compiaci con te stesso per aver fatto il tuo allenamento, hai fatto del bene a te stesso?
  • Se sei un atleta d’endurance e ti ostini a preferire a fare allenamenti a ritmo continuo ed uniforme, perché si sa che il ritmo vaiato/intervallato è ostico, quando torni a casa e ti compiaci con te stesso per aver fatto il tuo allenamento, hai fatto del bene a te stesso?

Lo so, lo so che sono estremista, ma vedete, io per primo, sono dell’idea, che ci vuole parsimonia e gradualità nelle cose, ma se la gradualità, impiega tempi biblici nell’essere applicata, ahimè, faremo fatica ad apprezzarne i risultati.

 

Consapevolezza

Tutto sta nel chiarire per bene cosa si vuole dallo sport, dalla ginnastica, da noi stessi. Perché vedete, è molto facile cadere nel tranello che ciò che mi fa sentire bene, allora è quello giusto. Certamente, a tutti noi piace effettuare qualche bella seduta di massaggio rilassante, qualche bel corso di rilassamento, meditazione, bioenergia, e chi più ne ha più ne metta, sono il primo a dirlo, fateli, vi fa bene al cuore, alla mente, allo spirito, all’anima, al sistema nervoso. Ma se da questo, pretendiamo un cambiamento, allora abbiamo sbagliato attrezzo, come se ci stessimo lavando i denti con il cacciavite. Una postura non la si cambia solo con lo stretching che è rilassante anche se lo stretching bisogna farlo e così vale per tutti gli altri ambiti. Ma l’industria del Matrix, è molto abile a proporci corsi nei quali ci si illude che accada qualcosa solo perché nel mentre esecutivo di quel corso ci sentiamo beatamente bene, immersi in un mistico clima di totale armonia, decorato con candeline profumate, musica new age, colori soft, luci soffuse. Tutto giusto, anzi strepitosamente corretto, se cercate la respirazione ed il rilassamento, ma se ipotonia, mancanza di fiato, sovrappeso, sarcopenia ed osteopenia vi perseguitano, allora forse è tempo che qualche pesetto in più cominciate a sollevarlo, provando fatica, fiatone, disagio, scomfort, vedrete che qualcosa cambierà, e vi sentirete meglio, con un bagaglio d’esperienza in più e con molto meno timore di uscire dal bozzolo.

Scoprirete tante belle cose riguardo a voi stessi, e forse vi stupirete di cosa siete riusciti ad arrivare a fare!

 

Buon allenamento a tutti.

 

Trainer Stefano Ceccon